Tempo addietro, era forse l’11 maggio, qualcuno di BOINC.Italy aveva lasciato un commento sul blog del sito, dove si faceva riferimento a un servizio di TGR Leonardo della RAI andato in onda il giorno prima, dove veniva citata la ricerca Stardust@home e venivano riportati anche alcuni nomi di italiani che vi partecipavano.
Ebbene, uno di quei partecipanti sono proprio io (Carlo Rigamonti – nick zioriga). Dopo essermi presentato sul blog, mi è stato chiesto di scrivere qualcosa e dopo faticoso lavorio di ricerca info e di stesura di un documento, spero comprensibile, ecco quanto sono riuscito a scrivere sia sul progetto sia sulla mia partecipazione a Stardust@home.
Per chi volesse rivedere l’articolo apparso sulla TV ecco il link:
TGR Leonardo del giorno 10 maggio 2013
Un po' di storia.
Nel periodo dal 2000-2002 una sonda, lanciata nello spazio dalla NASA, ha catturato sia materiale proveniente da una cometa (la 81P/Wild1) sia, in un particolare periodo della sua permanenza nello spazio, “polvere interstellare”
Nella foto riportata si nota quella specie di “racchetta da tennis”, che è l’elemento captatore utilizzato per lo scopo del progetto e che è la base su cui si è focalizzata l’attenzione del progetto Stardust@home. Questo captatore è composto da quelle piccole piastrelle (ne sono risultate 126 correttamente funzionanti) di 1000 cm quadrati che contengono una particolare sostanza, chiamata “aerogel” ottenuta da silicone disidratato, adatta a catturare le particelle interstellari.
Nel gennaio 2006 questa sonda è stata recuperata e si è potuto quindi iniziare ad analizzare in dettaglio i campioni così ottenuti.
Ovviamente già prima che la sonda atterrasse gli scienziati si erano posti il problema su come ritrovare le particelle all’interno delle piastrelle di aerogel, cioè come fare per individuare quella specie di “carotaggio” che viene formato dalla traiettoria di penetrazione della particella ricercata .
Non potendo intervenire su ogni singola piastrella con mezzi fisici per non danneggiarla, l’equipe di scienziati ha pensato di effettuare delle scansioni a varie profondità con un microscopio automatizzato, ottenendo immagini la cui successione poteva comporre una specie di filmato su cui poteva essere individuata la particella ricercata.
Da un conteggio del numero di immagini e dei filmati che sarebbero stati così generati (nell’ordine di 1.6 milioni) e del tempo stimabile per una osservazione attenta delle stesse ne è uscito fuori un valore altissimo di tempo, sicuramente fuori della portata dell’equipe di scienziate del team.
Il responsabile di questa ricerca, Andrew J. Westphal dell’università di Berkeley, si mise in contatto con David Anderson (della stessa università – e che tutti i partecipanti al gruppo BOINC.Italy dovrebbero conoscere di nome, in quanto padre ideatore, fondatore e sviluppatore iniziale di BOINC nonchè attuale responsabile), e da questo incontro è nato il progetto Stardust@home che ha iniziato a coinvolgere nel lavoro volontari in tutto il mondo. Nella prima fase si sono presentati in oltre 30000, attualmente sono decisamente meno. Fra questi circa 500 italiani.
Mi risulta inoltre che questo sia il primo progetto di intelligenza distribuita e, come si vedrà successivamente, anche quello meglio organizzato.
Come funziona Stardust@home
La logica fondamentale di funzionamento è analoga a quella di BOINC: viene trasmesso a ogni utente una serie di immagini ottenute a profondità variabile nell’aerogel e, facendo scorrere il mouse lungo una scala graduata (come si vede nell’immagine riportata), queste immagini possono essere viste ed analizzate, in modo da individuare più facilmente la traiettoria di penetrazione della particella.
In questa immagine si vede un tipo di traccia lasciata dalla micro particella nonchè la particella stessa (ne sono state trovate di tanti tipi). A lato si vede la scala graduata con la quale poter vedere alle diverse profondità. Attenzione però che non tutte le particelle lasciano una traccia così chiaramente identificabile.
Questa ricerca è passata attraverso varie fase di approfondimento e di miglioramento della funzionalità.
Dovrei dire che all’inizio si è andati avanti un po’ a “tentoni” perché non si sapeva a priori quale doveva essere la forma esatta di traccia per ogni tipo di particella e per ogni tipo di impatto (angolo e velocità). A tal proposito l’equipe di progetto ha eseguito sperimentazioni di “sparo” di particelle, attraverso acceleratori, per controllare meglio la tipologia di traccia che si sarebbe dovuto cercare.
Come partecipare
Dal punto di vista operativo per i volontari, i passi necessari per poter partecipare sono prima di tutto seguire un “tutorial” e poi superare un esame la cui votazione è la percentuale di risposte/identificazione corretta su una serie di poche decine di filmati. Questi filmati ovviamente posso contenere o non contenere una traccia.
Non è assolutamente niente di preoccupante; è facile passarlo, basta stare solo molto attenti: è un pò come quei giochi di enigmistica in cui bisogna identificare una figura nascosta in una immagine.
Nella fase operativa si deve poi cliccare nella posizione nella quale si ritiene di aver individuato una particella.
Questo progetto è organizzato in modo analogo ai progetti Boinc nel senso che vengono attribuiti dei punteggi a ogni partecipante (cosa che non mi risulta avvenire negli altri progetti di “intelligenza distribuita”) in funzione della identificazione corretta delle particelle in filmati particolari (creati ad “hoc”) che vengono inseriti ogni tanto all’esame del volontario.
L’inserimento di questi filmati (inizialmente chiamati “calibration”) è di molto aiuto sia per mantenere attiva l’attenzione, sia per dare un incentivo ad accumulare punteggio e sia anche per non frustrare i partecipanti con lunghissime serie di immagini di tipo vuoto (tra una traccia reale e l’altra, cioè non di quelle messe ad arte, potrebbero intercorrere anche migliaia di immagini), mantenendo così in “allerta” il volontario.
Si tenga presente che a livello preventivo era stata fatta una stima per la quale su 1,6 milioni di filmati si sarebbero dovute trovare quasi un cinquantina di tracce.
In secondo luogo bisogna avere tanta passione per la ricerca, tanta voglia e … tanto tempo.
Uno stimolo non indifferente, non necessariamente per tutti i volontari, è anche la volontà di apparire in posizione alta nella graduatoria dei punteggi.
A proposito di punteggio, nella fase attuale, i punti che si ottengono con l’esatta individuazione di una particella inserita artificialmente, sono proporzionali alla difficoltà di sua individuazione, cioè più difficile è l’identificazione della particella, cioè più piccola, più alto è il punteggio. Viene anche gestito un secondo tipo di punteggio che è, e vuole essere, una valutazione della capacità/bravura del singolo volontario ad individuare la particella.
In altre parole il primo tipo di punteggio individua la quantità di particelle individuate, che è proporzionale al lavoro svolto, mentre il secondo è un indice che può aumentare, ma anche diminuire in funzione delle risposte esatte o sbagliate.
Punti di forza di questa ricerca
Avendo partecipato anche ad altre ricerche di “intelligenza distribuita”, mi sembra che questa sia quella meglio organizzata in quanto proprio l’inserzione di immagini/filmati “civetta” e del sistema di punteggio associato, permettono una corretta percezione del proprio lavoro.
Mi ricordo in effetti che nelle altre ricerche ogni tanto veniva fuori un senso di frustrazione nel non poter percepire quanto il mio tempo fosse sfruttato bene e correttamente.
Anche lo stimolo a migliorare i propri punteggi può essere una molla importante.
A livello di notizia, posso citare il caso di un volontario americano con cui sono entrato in contatto, il quale si era imposto, quasi come motivo fondamentale di vita, il dover apparire in testa alla classifica di questa ricerca. Per ottenere questo si era imposto di lavorare non meno di 8 ore al giorno sempre davanti al monitor.
Purtroppo però, questa sua ubriacatura di ricerca di particelle si è aggiunta ad altre cause che lo hanno portato alla separazione matrimoniale!
Inoltre in questa ricerca, sono state anche presentate delle pubblicazioni scientifiche, nelle quali sono stati citati i volontari che hanno individuato una particella: io sono già stato citato in una pubblicazione di qualche anno fa. Mi ricordo in quella occasione la sorpresa di trovare, in mezzo a relatori provenienti dalle più prestigiose realtà scientifiche (NASA, Università di Berkeley, ed altre) anche il mio nome.
Un altro motivo di soddisfazione è stato il ricevimento di una targa sulla quale è inserito un frammento di aerogel e che riporta il mio nome, come si può vedere nella seguente foto.
Il gruppo Red Team
Nel 2008 è stato anche creato il gruppo denominato Red Team, al quale io partecipo, i cui compiti sono quello di valutare i filmati che gli altri volontari avevano indicato come contenenti possibili particelle (e che vengono riportati in un apposito elenco) e quello di poter “promuovere” i filmati che ogni partecipante del Red Team ha individuato.
In altre parole, ai membri di questo gruppo viene data la possibilità di un coinvolgimento operativo più ampio, in modo da supportare meglio l’avanzamento della ricerca.
Informazioni sui progetti di intelligenza distribuita
Alla fine di questo mio breve articolo voglio riportare anche un link a un sito che io ritengo essere il migliore come elencazione dei progetti di ricerca, sia di tipo di “elaborazione distribuita” del tipo di quella gestita da BOINC (ma non solo di questa piattaforma), sia di “intelligenza distribuita”.
Il sito in questione è: http://distributedcomputing.info/
In questo sito vengono anche riportati i link ad articoli che appaiono in internet sui vari progetti riportati.
Un ringraziamento particolare al mio amico Augusto Ardizzone (è l’intervistato che appare nel servizio TG Leonardo) per il suo aiuto nel rintracciare documentazione e nella preparazione di questo articolo.