La seconda interazione coinvolge le proteine chiamate EED ed Ezh2. Pensando al DNA come una scala a pioli, ogni cellula contiene nel nucleo una scala con circa 6 miliardi di pioli. Al fine di evitare che il DNA si aggrovigli su se stesso in modo irreversibile, questo viene stoccato, se non in uso, in piccole bobine dette istoni, creando una specie di immenso archivio video.
Ci sono parti di DNA che non dovranno mai essere usate e quindi, per evitare di fare confusione vengono marcate con una specie di etichetta dal significato “non usare questa sezione di DNA”. L’EED è una proteina che attribuisce queste etichette usando allo scopo l’enzima Ezh2. L’EED assicura che l’Ezh2 marchi gli istoni voluti e non gli istoni che trasportano i pezzi di DNA di cui ha bisogno la cellula.
Molte cellule tumorali riducono la produzione di EED e di Ezh2 per evitare che le parti di DNA di loro interesse vengano segnate come non utilizzabili. Altre cellule cancerogene invece provocano l’aumento della quantità di EED e di Ezh2 al fine di marcare tutto il DNA e impedire alla cellula di usarne le parti necessarie per la sua difesa. Gli studiosi stanno lavorando alacremente per capire come l’EED, l’Ezh2 e proteine simili lavorino all’interno di una cellula sana e cosa va storto in una cellula malata.
Alcuni si sono interessati alla sintetizzazione di un farmaco che impedisca all’enzima Ezh2 di legarsi alla proteina EED. Questo prevede la sintesi di un principio in grado di legarsi più strettamente con l’EED di quanto non faccia l’Ezh2; nonostante il legame tra EED ed Ezh2 sia debole, al momento non esiste un farmaco in grado di comportarsi come voluto.
Si sta utilizzando Rosetta@home per definire proteine simili all’Ezh2 con lo scopo di bloccare l’aggancio dell’originale. Per avere un’ordine di grandezza della potenza di calcolo necessaria per questo progetto basti sapere che eseguendo quasi 2 milioni di elaborazioni, un computer esegue circa un miliardo di volte i passaggi previsti dal calcolo e restituisce solo 54 prototipi, di cui solo 14 sono stati presi in considerazione come realmente possibili. Il tempo di elaborazione è stato di circa un mese su Rosetta@home. Dagli esperimenti iniziali su 8 di queste configurazioni ne è stata trovata una che si lega tre volte meglio dell’Ezh2 all’EED.
Ora si punta ad ottimizzare questa struttura per arrivare a creare un campione da testare su cellule vive. Nonostante questo c’è però ancora tantissimo lavoro da fare per permettere che i test vadano a buon fine ed è grazie alla comunità di Rosetta@home se è possibile andare avanti in questa prospettiva.