Medicina alternativa – parte seconda.
Dopo il breve scritto dell’altra volta sulle cure alternative al cancro, mi era rimasta sulla tastiera la sensazione di qualcosa di non detto, di non esplicitato chiaramente e quindi ho pensato di completare l’opera con questo secondo breve intervento che vada ad enucleare alcuni concetti basilari di scienza.
La pseudoscienza
Per poter parlare di medicina alternativa, è d’uopo introdurre il concetto di pseudoscienza che, come riporta correttamente wikipedia, risulta essere “ogni teoria, metodologia, pratica che afferma di essere scientifica o vuole apparire scientifica e che tuttavia non ha alcuna aderenza col metodo scientifico (o metodo sperimentale).”
L’introduzione a questa definizione è, altrettanto giustamente, preceduta da una battuta di Carl Sagan (per chi non lo conoscesse, è d’obbligo leggere “Il mondo infestato dai demoni”) che mette in luce uno dei tratti caratteristici dei sostenitori delle pseudoscienze, cioè il vittimismo: “ci sono poteri occulti”, “tutti i grandi scienziati furono derisi, all’inizio”, ecc, ecc.
La pseudoscienza per antonomasia: l’omeopatia
Che l’omeopatia sia la pseudoscienza più rinomata e conosciuta, non v’è dubbio, tant’è che se vi capita di finire in una discussione (sia reale che su internet) abbastanza lunga riguardante le malattie, prima o poi qualcuno tirerà fuori il fatto che per lui l’omeopatia non è niente di male (diciamo che è una estensione della legge di Godwin).
Sgombriamo prima di tutto il campo: NON esiste NESSUNA pubblicazione scientifica fatta secondo i tutti i crismi (doppio cieco serio, gruppi di controllo, campioni random, riproducibilità, ecc) che dimostri che l’omeopatia sia distinguibile dal ben noto “effetto placebo”, quindi no, l’omeopatia NON è una branca della medicina.
Un po’ di storia
Ma come nasce l’omeopatia? Agli inizi del 1800, un certo dottor Hanneman si stava occupando di come il chinino fosse in grado di curare una malattia allora (e ancora oggi, in certi luoghi) terribile come la malaria, dal momento che, in quegli anni, erano sconosciuti concetti come “alcaloide” e “protozoo” (i medici erano poco più che indovini e i chirurghi dell’epoca poco più raffinati dei macellai). Egli fece la cosa più sensata (e anche la più stupida) che uno medico può fare: provò su di sé, non malato, il chinino (che, ricordiamolo, è TOSSICO). Risultato? Febbre alta, tremori, dolori sparsi su tutto il corpo…sembrava gli fosse venuta la malaria!!! Lo pseudoscienziato tirò le sue prime conclusioni: il simile cura il simile. Questa idea, nemmeno tanto balzana (alcuni vaccini contengono, disattivati o modificati, i fattori microbiologici che vogliono andare a bloccare), fu però estesa a qualsiasi malattia possibile, senza nessun fondamento sperimentale esteso: come dire che un prurito cutaneo può essere curato con estratto di ortica o una ustione con l’acqua calda!!
Il secondo passo in avanti che il nostro medico fece fu di chiedersi: “come dare al paziente la medicina che provoca la malattia senza che questa venga provocata, anzi in maniera tale che la curi?”. Lui trovò la soluzione nell’idea di diluizione del principio attivo in acqua.
Un po’ di numeri
La diluizione in acqua, ovviamente, doveva essere fatta secondo un metodo ben preciso, ovvero il prodotto diluito veniva letteralmente “sbattuto”, “shakerato” per renderlo attivo. La diluizione, inoltre, doveva essere ripetuta più e più volte, per esempio: prendendo 1 cl di principio attivo (diciamo un cardiotonico) esso deve essere messo in 1 litro di acqua pura e immediatamente “scosso”. Del prodotto risultante si prenda 1cl (buttando via gli altri 99cl) e lo si metta in 1 litro di acqua pura, in questa maniera si ottiene quello che gli omeopati chiamano “soluzione 2CH”. A questo punto comincia a diventare evidente che quel principio attivo comincia ad essere talmente poco da non avere, praticamente, nessun effetto sul paziente. Ma 2CH, per i sostenitori dell’omeopatia, è “troppo poco”, dal momento che i preparati omeopatici ideali cominciano a “funzionare” a 24CH (ovvero si è ripetuto 24 volte la diluizione in parti centesime).
Il problema, per gli omeopatici, è che un certo signor Avogadro disse, tanti anni fa, delle cose sensate: in 100ml di acqua pura ci sono, circa, 3x10^24 (3 milioni di miliardi di miliardi) molecole di acqua e osservando le molecole di acqua “originaria”, già a 12CH, quelle residue dell’acqua dei primi 100ml usati sono circa 3! A 13CH le molecole originarie sono 0,03, a 15CH praticamente NON ci sono più molecole dell’acqua originaria. In soldoni, per trovare 3 molecole di un prodotto in una soluzione solamente 14CH (ben lontano dal 24CH) dovrei bermi circa 1000 litri di acqua, che sete!
E allora, perché la cosa dovrebbe funzionare? Ma perché, è ovvio, l’acqua ha una memoria, ovvero si “ricorda” dei principi attivi con cui è entrata in contatto e quindi è in grado di svolgere una funzione attiva nei confronti della malattia. Tralasciando il fatto che NESSUNO ha mai dimostrato scientificamente questa teoria (anzi, c’è gente che ha pure barato, vedasi Benveniste), viene da chiedersi: perché l’acqua dovrebbe ricordarsi solamente dei principi attivi "positivi" con cui è venuta in contatto e non per esempio i veleni? A questo punto converrebbe chiudere tutti i depuratori presenti sulla terra!
Basta un poco di zucchero e la pillola va giù
Finita qui? Ovviamente no. Uno dei prodotti di punta dell’industria omeopatica (già, non solo le case farmaceutiche sono industrie, pure quelle omeopatiche fanno vagonate di soldi, per di più sul nulla) sono i mitici zuccherini omeopatici, ottenuti spruzzando delle palline di zucchero con l’acqua (che tale è) omeopaticizzata, lasciati evaporare (e quindi NON c’è nemmeno più l’acqua) e venduti come prodotti medicali. Lo zuccherino, d’altro canto, viene venduto a cifre tali che verrebbe voglia di mandarne giù a chili per poter giustificare il rapporto costi/benefici.
I medici omeopati
Ovviamente c’è anche il capitolo dei medici laureati che si “specializzano” in medicina (?) omeopatica, giustificando la cosa come complementare alla medicina tradizionale (allopatica) e chiedono che la loro “scienza” venga riconosciuta, ovviamente, dall’SSN e di fatto rimborsata. Ovvio che, leggendo certe teorie (1), viene la pelle d’oca, ovvero curare l’esposizione da radiazioni con preparati leggermente (e abbiamo visto cosa significa) radioattivi. A questo punto preferisco bermi un bel bicchiere di lambrusco!
Una delle voci a sostegno dell’omeopatia è che “tanto cosa vuoi che faccia male”, quando poi succedono certe cose (2) viene da chiedersi se sia giusto affidarsi a dello zucchero per risolvere dei gravi problemi di salute e quanta responsabilità abbiamo noi genitori sulla salute dei nostri figli.
Vi lascio con un motto di Mark Twain: “Una influenza passa in sette giorni senza prendere nulla, in una settimana con i medicinali”. E non conosceva ancora l’omeopatia!!!
Bibliografia: